Benvenuti nella Terra di Erin

Questo blog racchiude i miei sogni.
Racchiude il mio amore per la magica Terra Irlandese, terra di fate e folletti, terra di sogni e di speranze.
Spero di trasmettere a voi tutte quelle emozioni che la gente d'Irlanda ha trasmesso a me.
Pronti per spiccare il volo?
Aprite le ali e voliamo insieme.

sabato 10 marzo 2012

Irlanda, tra mito e realtà: la Giants Causeway

Parliamo di giganti. Esseri fantastici in lotta perenne per dimostrare la loro superiorità. Parliamo, in particolare, di Finn MacCool e Benandonner. Ma una cosa alla volta. La protagonista della storia, la creazione della furia dei due essere di fantasia è lei: la Giant Causeway, nell’Irlanda del nord, contea di Antrim, a mezz’ora, quaranta minuti di bus da Derry, la città del Sunday Bloody Sunday cantato dagli U2.
Si arriva alla Giant Causeway dopo quasi un chilometro di cammino dal parcheggio. Si supera un piccolo golfo, ed eccola: la perfezione di cui è capace la natura. Una parete intera, una specie di molo che si protende in mare, formato da mattoni esagonali perfetti, uguali, finemente levigati. Le foto non rendono: la visione d’insieme, sul posto, è di quelle che rimangono impresse nella memoria.
La perfezione ha sempre intimorito l’uomo. La potenza della natura è sempre stata razionalizzata e spiegata dagli antichi attraverso il racconto, attraverso i miti. Ed ecco che qui scendono in campo i nostri esseri ancestrali. La leggenda narra che il gigante l’irlandese Finn MacCool e quello scozzese Benandonner fossero in lotta per la supremazia, ma i due non si erano mai incontrati.
MacCool decise un giorno di andare in spedizione: così costruì una passerella di massi esagonali ed arrivò in Scozia. La sorpresa fu grande quando vide l’avversario. Benandonner era davvero enorme, molto più grande di lui: un avversario imbattibile.
Così l’irlandese corse a casa spaventato, raccontò tutto alla moglie. Nel frattempo Benandonner, che si era accorto dell’accaduto, meditò vendetta e arrivò in fretta e furia sulle coste irlandesi. Entrò in casa di MacCool già pronto a combattere ma si imbattè in una scena tenera: la moglie di Finn lo zittì, il loro piccolo dormiva.
La donna aveva avuto un’idea geniale. Aveva fatto travestire il marito da neonato per proteggerlo. Quando Benandonner vide le dimensioni spropositate del “piccolo” pensò subito a quanto poteva esser grande il padre e scappò impaurito distruggendo dietro di sé la passerella. La Giant Causeway sarebbe una delle estremità. L’altra si trova in Scozia, sull’isola di Staffa, in cui c’è una formazione rocciosa molto simile a questa.
La spiegazione scientifica è molto meno intrigante. Le rocce si formarono circa 60 milioni di anni fa quando una colata di lava incandescente andò a riempire le fessure delle formazioni calcaree già esistenti.
La solidificazione e contrazione della lava ha dato la base a questa vera architettura naturale. L’azione ripetuta del vento e il movimento del mare, nei secoli, hanno fatto il resto.
Anche se la scienza sembra guidarci in una spiegazione logica e plausibile, è bello pensare che questo spettacolo sia stato partorito dall’intuizione fulminea di una donna. Puro e semplice intuito femminile: quello che fa girare il mondo.

di 

martedì 19 aprile 2011

Ballata Irlandese

Uomo che accendi il fuoco,
per Fergus dei festini,
per mare o in terra che tu sia,
non dovrai mai bruciare il re del bosco.
il caprifoglio è il sire delle foreste di Inis Fail,
e nessuno lo può tenere prigioniero:
non è impresa da debole sovrano
serrare in un abbraccio alberi più forti.
Se darai fuoco al flessibile caprifoglio
abbonderanno i lamenti per la cattiva sorte:
incomberanno tremendi pericoli
sulla punta delle armi
oppure tu annegherai tra gli alti marosi.
non ardere il melo prezioso,
i suoi rami si allargano e spazzano il terreno:
l'albero sempre carico di nivei fiori,
alla cui bella chioma tutti tendono la mano.
l'arcigno spino nero è un vagabondo,
un legno che l'artefice non arde;
in tutto il suo corpo, per quanto ridotto,
a stormi gorgheggiano gli uccelli.
non ardere il nobile salice,
albero sacro alla poesia:
le api succhiano l'interno dei fiori,
amano la sua piccola gabbia.
Ardi pure il grazioso albero delle bacche,
l'aucuparia, l'albero dei maghi,
ma risparmia il nocciolo flessuoso;
non bruciare l'albero slanciato.
Scuro è il colore del frassino,
il legno che andare le ruote:
verghe fornisce alla mano del cavaliere,
la sua specie muta in fuga la battaglia.
Il pruno ostile è tra i legni il più spinoso:
ardilo, certo, così pungente e verde;
taglia, scortica il piede; chi vuole avanzare,
esso di forza lo respinge indietro.
la quercia verde produce il più fiero calore,
e nessuno scampa senza danno;
chi l'ama ha la testa incendiata dal dolore,
l'occhio brucia per le sue acri braci.
l'ontano, vero mago in battaglia tra tutte le essenze,
l'albero più ardente dello scontro:
sia l'ontano come il biancospino,
non esitare, bruciali a tua discrezione.
L'agrifoglio, ardilo verde, ardilo secco;
di tutti i legni l'agrifoglio è il migliore.
Il sambuco dalla corteccia tenace,
l'albero che provoca molto dolore,
e procura dal sid cavalli agli eserciti,
ardilo pure finché sia carbone.
la betulla, quando viene abbattuta,
promette immutabile fortuna.
non esitare ad ardere sicuro
i fusti che portano baccelli tutto l'anno.
Lascia, se così ti piace,
che il rugginoso tremolo venga giù a capofitto;
ardi, che sia presto o tardi,
l'albero dai rami tremolanti.
Patriarca dei legni perenni è il tasso,
sacro ai conviti, come ben si sa:
con esso costruisci grandi tini rosso scuro.
Ferdiad, fedele servitore,
se il mio avviso vorrai ascoltare
ne avrai vantaggio nell'anima e nel corpo!

lunedì 13 dicembre 2010

Il tesoro


(Tratta da: "Le avventure di Tom Bombadil" di J. R. R. Tolkien)

Quando il Sole e la Luna ancor giovani erano
di oro e di argento gli dei cantavano;
nell'erba verde argento spargevano
e l'acque chiare di oro riempivano.
Prima che inferno o abisso venisse scavato,
prima che nano o drago fosse generato,
c'eran Elfi antichi che negli avvallamenti
e sotto verdi colline di magie cantavano
mentre begli oggetti e corone scintillanti
per i re degli Elfi forgiavano.
Ma per un fato avverso il loro canto andò perduto:
dall'acciaio incatenato, dal ferro abbattuto.
Non cantò avidità, né con bocca sorrise;
sulla Terra degli Elfi l'ombra discese:
in antri oscuri il tesoro fu ammassato,
argento scolpito e oro cesellato.

In una buia grotta un vecchio nano viveva,
dall'oro e dall'argento le dita mai staccava;
sì forte batteva incudine e martello
che sulle sue mani si formò più di un callo;
e monete coniò ed anelli forgiò:
di comprare il potere dei re pensò.
Ma gli occhi si offuscarono, l'udito si indebolì
e la pelle sulle ossa del suo cranio ingiallì;
le pietre dure dalle dita ossute
con un pallido splendore scivolaron, non vedute.
Non sentì i passi, ma la terra tremò
quando il giovane drago la sua sete appagò:
un fiume infuocato fumò alle sue porte
e nel fuoco il nano trovò, solo, la morte:
sibilaron le fiamme sul pavimento inumidito,
in quel fango bollente ogni osso fu incenerito.

Sotto la grigia pietra un vecchio drago viveva,
gli occhi rossi sbatteva mentre solo giaceva.
Morta era giovinezza e le gioie passate,
le membra raggrinzite, nodose e incurvate
dopo tanti anni trascorsi al suo oro incatenato,
anche il fuoco nel suo cuore s'era ormai affievolito.
Di gemme era incrostato il suo limoso ventre,
leccava ed annusava il suo argento e l'oro sovente:
lui conosceva il posto del più piccolo anello
sotto l'ombra nera del suo alato mantello.
Sul suo duro giaciglio ai ladri pensava
e in sogno delle loro carni si cibava,
frantumava le ossa ed il sangue beveva:
le orecchie abbassò, mentre il fiato perdeva.
Non udì il tintinnare di un'armatura.
una voce echeggiò nella sua grotta scura:
con spada scintillante un giovane guerriero
lo chiamò a difendere il suo tesoro.
Coriacea era la pelle, e i denti poteron poco
ché lo straziò la spada, s'estinse anche il suo fuoco.

Su un altissimo trono un vecchio re viveva:
sulle ginocchia ossute bianca barba pendeva;
ne' carni ne' bevande egli più assaporava,
ne' canti più sentiva; ma soltanto pensava
al suo enorme forziere col coperchio intagliato
dove pallide gemme e oro avea celato
in un antro segreto, in quel terreno scuro,
con le robuste porte incatenate col ferro duro.

Dei suoi fidi la ruggine aveva ormai corroso
le spade; caduto il governo ingiusto e il suo regno glorioso,
vuote eran le sale, fredde le sue dimore,
ma dell'oro degli Elfi egli era il signore.
Dei corni sul passo non udì il fragore,
del sangue sull'erba non sentì l'odore,
e il suo regno fu perduto, le sue sale bruciate,
e le sue ossa in una fossa furon gettate.

In una roccia scura un antico tesoro sta' 
obliato dietro porte di cui nessuno le chiavi ha;
nessuno può varcare quel sinistro cancello.
Cresce l'erba verde sopra quel monticello
dove brucan le pecore e le allodole soglion volare
e il vento soffia dalla spiaggia del mare.
Quel antico tesoro sol la Notte ormai rinserra
mentre dormono gli Elfi, ed attende la terra.

La luna nel pozzo

Una notte Hodja camminava nei pressi di un pozzo quando sentì l'impulso di guardare dentro. Stupito vide il riflesso della luna nell'acqua e esclamò: "La luna è caduta nel pozzo. La devo salvare in qualche modo!"
Si guardò attorno e raccolse una fune con un uncino, la gettò nel pozzo e gridò: "Afferra l'uncino, luna, e tienilo stretto! Ti tirerò fuori". La fune si impigliò in una roccia dentro il pozzo e Hodja tirò verso di sé la fune con tutte le sue forze.
Di colpo l'uncino si liberò dalla roccia e Hodja finì disteso per terra. Con gli occhi rivolti al cielo vide sopra di lui la luna in alto nel cielo. "Che fatica, ma ne è valsa la pena, sono riuscito a liberare la luna dal pozzo", disse con un sospiro di sollievo.


Dal "Boschetto di  Ylith"

venerdì 19 novembre 2010

Frammenti di Smeraldo

Chi mi conosce almeno un pochino sa il mio legame profondo
con la verde isola di ERIN.
Io ho l'Irlanda nel sangue, ne sono profondamente innamorato.
Questo mio amore deve essere talmente evidente che, quando ho
l'occasione di parlarne, le persone ne rimangono affascinate e
colpite.
Ho una coppia di amici che, lavorando vicino al mio ufficio, hanno
avuto più e più volte la sfortuna di ascoltare i miei racconti e la
mia “voglia d'Irlanda”.
Ho parlato talmente tante volte con Maria Laura (Lalla) e con Alessio
(Eclisse) della verde Isola che alla fine la amavano ancor prima di
averla mai visitata.
Cosi alla fine quest'anno hanno organizzato un tour in moto con
partenza da Roma, attraversando la Francia e Parigi, fino a sbarcare
in Irlanda girandola tutta con la loro fedelissima Harley Davidson.
Questo è il loro diario di viaggio che ho il piacere e l'onore di potervi
far leggere. Pagine bellissime scritte con il cuore di chi ormai è stato
contagiato da questo morbo fatale che è............. L' ISOLA DI SMERALDO.
FRAMMENTI DI SMERALDO (e acciaio cromato)
Due FREEDOM BIKERS on the IRISH Roads
Veramente difficile cercare di trasformare in parole, concetti di senso compiuto ed immagini, quel
prezioso bagaglio di emozioni,colori e calore umano, esperienze ed incontri,portato con noi al
ritorno da questo magnifico viaggio in Irlanda, l'isola di Smeraldo; neppure le foto scattate, tante e belle, riescono in questo arduo compito!
Come spiegare la sensazione di assoluta solitudine provata percorrendo strade che si perdono per km e km nelle torbiere color ruggine, unici esseri umani, in una vastità infinita, il silenzio delle basse nuvole gonfie di pioggia attraverso le quali passavamo increduli, rotto solo dal battito ritmico del cuore d'acciaio della nostra fedele compagna di viaggio......
Come elencare il rapido avvicendarsi di paesaggi tanto diversi fra loro da sembrare non appartenere allo stesso continente, figurarsi alla stessa contea?
Lo sgomento al cospetto di una natura unica e talmente possente da vincere e sovvertire persino le leggi della fisica o creare forme che solo le antiche leggende riescono a spiegare......
Il fragore del vento che modella gli aspri paesaggi e sospende in un cielo dai colori irreali il volo e i richiami dei corvi, signori e custodi di torri, rovine e pietre millenarie....
Come descrivere la spiritualità universale che avvolge questi luoghi, l'intensità delle mille sfumature di un verde, una volta visto il quale, nulla è e sarà mai più verde....
La rapida mutevolezza del clima. L'attimo di sole dopo tanta pioggia che, improvviso, rende i colori accecanti e riempie gli occhi di una bellezza che toglie il fiato e scuote via di dosso freddo e stanchezza........
Come trasmettere la travolgente spontaneità di una serata di “craic”, i colori sgargianti e i dipinti sui muri delle case, il calore e l'allegria negli sguardi e nei sorrisi della gente che ha condiviso con noi, perfetti sconosciuti, tempo, casa, storie, musica, cibo e tanta tanta strada?
Se un Leprechaun, un folletto o una delle tante creature fatate che abitano i boschi di questo incredibile paese fosse rimasto intrappolato nel nostro “Tour Pack” (zaino da moto), forse, solo allora, col suo aiuto, avrei potuto descrivere tutta quella poesia e bellezza......
Ma al disfare i bagagli, nessuna creatura fantastica è saltata giù dalla moto; solo un infinità di ricordi e sensazioni che indelebili hanno affollato l'anima e tinto il sangue del potente verde della nostalgia.
Ogni pietra antica e filo d'erba, ogni lago, albero e scogliera, ogni goccia di pioggia e raggio di sole, ogni nuvola e stralcio di cielo, ogni strada percorsa e villaggio attraversato, ogni risata udita e viso incontrato, continueranno a chiamare i nostri cuori come irresistibili sirene....... fino al prossimo incontro...
Un augurio irlandese di buon viaggio recita più o meno così:
“Possa la strada venirti incontro,
possa il vento essere sempre alle tue spalle,
possa il sole splendere caldo sul tuo volto,
possa la pioggia cadere soffice sui tuoi campi 
e, fino a che non ci incontriamo di nuovo,
possa Dio tenerti ne palmo della Sua mano...”

Come a dire che la via della felicità, a volte, passa per un raggio di sole caldo ed una buona strada.....................
E che non sarebbe stato un viaggio qualunque lo abbiamo capito appena messo piede sul traghetto che da Cherbourg, nel nord della Francia, avrebbe portato noi e la fida Trudy (il nostro Road King) a Rosslare in terra Irlandese.
Neppure il tempo di sistemare i veicoli e bagagli che tutti gli Irlandesi di ritorno a casa dalle vacanze, erano in giro per la nave con la loro brava pinta di Guinness in mano ad attaccare gaiamente bottone con chiunque, respirando aria di casa..... liquida.
Un po' stanchi per la strada percorsa fin lì (le nostre tappe precedenti erano state Aosta e una due giorni più o meno turistica in quel di Parigi..) dormiamo per la gran parte della traversata, approfittando solo in parte delle “meraviglie” offerte dal nostro super traghetto ma ricaricandoci di energie che si sarebbero poi rivelate preziose lungo questo bellissimo e movimentato viaggio.
Emozionati ed eccitatissimi sbarchiamo l'indomani a Rosslare, nel sud est dell'Irlanda, nessun itinerario prestabilito ne prenotazioni fatte; unica decisione presa, quella di percorrere l'isola circolarmente in senso orario, mantenendo la costa sempre dal lato del guidatore.......
“Un po’ stanchi per la strada percorsa fin li (le nostre tappe precedenti erano state Aosta e una due giorni più o meno turistica in quel di Parigi…) dormiamo per gran parte della traversata, approfittando solo in parte delle meraviglie offerte dal nostro super traghetto (in pratica una nave da crociera in piena regola…) ma ricaricandoci di energie che si sarebbero rivelate preziose in questo bellissimo e movimentato viaggio.
Emozionati ed eccitatissimi sbarchiamo l’indomani a Rosolare, nel sud-est dell’Irlanda, nessun itinerario prestabilito né prenotazioni fatte; unica decisione presa, quella di percorrere l’isola circolarmente in senso orario, mantenendo la costa sempre sul lato del guidatore.
Direzione: Harley Davidson di Waterford per un piccolo problema alla “trudy” brillantemente risolto dai ragazzi dell’officina, che dopo aver finito di rimetterla in forma ad un costo decisamente onesto, hanno rifocillato anche noi (a quel punto liberi dall’ansia che ci prende ogni qualvolta portiamo la “piccola” dal “dottore”…) con the e caffè bollenti, biscottini e un buon assaggio del calore ed ospitalità irlandesi.
A Kilkenny vediamo il nostro primo, monumentale castello, a Cashel con le sue splendide rocca e abbazia, troviamo un delizioso bed e breakfast gestito da un simpaticissimo personaggio, Patrick, rapito dalla trudy e dalle belle donne.
Prima colazione irlandese (praticamente un pranzo) a base di uova, salsicce, toasts con burro e marmellata fatta in casa, macedonia, succo di frutta, caffè e delizioso pane lievitato col bicarbonato; posso provarlo, ho le foto, per tutto il nostro soggiorno abbiamo iniziato le giornate così!
Si riparte ed Eclisse (Alessio) ormai si destreggia con la guida a sinistra meglio di un vero irlandese (giusto qualche incertezza con le rotatorie che ovunque sostituiscono i nostri incroci, da quelle enormi piene di uscite ad una piccolissima non più grande di un piatto da portata…) nonostante le strade non siano bellissime, strette, spesso piene di curve e quasi sempre accidentate (dopo averle percorse i sampietrini delle strade di Roma non possono farci altro che il solletico…). L’asfalto invece, grazie alla miriade di pietruzze rosse e verdi che vi sono inglobate è realmente drenante (dovrebbero adottarlo anche da noi!) e nonostante le piogge continue rende la guida sul bagnato molto più sicura. Veramente insoliti i limiti di velocità: su stradine che da noi non permetterebbero più di 40/50 km orari, qui il limite massimo è di 80/100 all’ora (e rispettandolo, corrono tutti come pazzi!!!).
A Cork scopriamo che la disponibilità degli irlandesi non è un luogo comune: chiediamo un indicazione ad un tassista che, per essere sicuro che arrivassimo a destinazione, ci invita a seguirlo, accompagnandoci dall’altra parte della città, in direzione opposta a quella in cui stava andando prima di incontrarci!
Gli irlandesi in auto ed in moto sono molto disciplinati (perlomeno gli adulti) ciononostante anche le piccole città sono spesso congestionate dal traffico; proprio a Cork, tentando di glissare una fila siamo stati prontamente riportati all’ordine dai clacson degli adirati automobilisti presenti….. Lezione imparata! Ganasce e multe si sprecano anche qui, consigliabili, anche se abbastanza cari, i parcheggi a pagamento presenti ovunque.
Dopo averla visitata, pernottiamo a Killarney, punto di partenza per l’impegnativa visita dell’indomani, il giro del Ring of Kerry, un circuito stradale che percorre la penisola di Iveragh mostrando panorami mozzafiato diversissimi fra loro, laghi ed isole, montagne, spiagge meravigliose e superbi resti medievali.
Il tempo non ci assiste; la pioggerellina sottile e di breve durata che Luca ci aveva descritto come tipica di questo paese, a causa di una insolita perturbazione, lascia il posto alle
“secchiate” d’acqua e al freddo gelido che ci accompagnano praticamente per tutto il viaggio, ma autentiche meraviglie ci ripagano ampiamente della fatica e del clima inclemente.
La trudy si rivela meglio di un 4x4 e percorre sentieri sterrati e fangosi percorsi da noi e da mucche per niente amichevoli, si inerpica su strette stradine di montagna a strapiombo sull’oceano protetta solo da bassi muretti di pietra (e spesso nemmeno da quelli!!!) ci porta al di fuori dei tradizionali circuiti turistici ed in pieno Agosto, ci troviamo da soli ad ammirare pietre millenarie ed una natura selvaggia ed incontaminata.
Attraversando nuvole tanto basse da toccare il terreno percorriamo “bogs” (torbiere) che si perdono nel nulla più assoluto, costeggiamo laghi azzurro ghiaccio scorgendo castelli e conventi avvolti nella nebbia, visitiamo animati paesini dalle case multicolori e villaggi di pescatori dai tetti di paglia, tutto nei 179 km di questo incredibile percorso.
Provati dall’intensità della giornata, ci fermiamo a Listowel , dove la signora Nora e suo marito, proprietari del b&b dove passiamo la notte ci dispensano utili consigli per l’itinerario del giorno dopo.
Grazie a loro, la traversata in traghetto da Tarbert a Kilrush ci permette di proseguire il nostro itinerario costiero evitando le autostrade interne, una vera delizia per occhi ed anima, un po’ meno per la trudy e per le nostre schiene che iniziano ad accusare i “colpi”….
Attraversando la contea di Clare ci avviciniamo ad una delle visioni più maestose e suggestive offerte da questa incredibile isola: le Cliffs of Moher, ripide e scoscese scogliere scure che si innalzano a strapiombo sull’oceano per più di 200mt., perennemente spazzate da un vento inimmaginabile che vincendo perfino la forza di gravità, solleva l’acqua marina facendola risalire lungo la roccia sotto forma di piccoli ruscelli, per poi ricadere al suolo (e sui visitatori) come una pioggia salata. 
Da notare l’intensità del vento, talmente impetuoso da riuscire a trascinar via addirittura Eclisse ( che non si può proprio definire …… un fuscellino!).
Dirigendosi verso Galway attraversiamo una spettacolare zona pietrosa dal fascino intenso e lunare, il Burren; calcare chiaro smussato dalla forza degli elementi assolutamente inaspettato dopo la moltitudine di paesaggi cosi intensamente “verdi” percorsi fin lì…
Zuppi e gocciolanti (come ormai d’abitudine) a Galway una giovanissima padrona di casa ci apre le porte del suo delizioso b&b; una cena favolosa a base di Irish stew (stufato irlandese) ed altri manicaretti tipici ci rimette al mondo.
Dopo un paio di giorni di disorientamento abbiamo anche imparato a gestire gli strani (per noi) orari di pubs e ristoranti; nei primi si cena massimo fino alle 18.00, nei secondi non più tardi delle 21,30, dopodiché, tutti di corsa al pub preferito per conversare, ridere, improvvisare sessioni di musica tradizionale, battere il tempo e cantare, tutto, naturalmente facendo ondeggiare generose pinte di nettare scuro e spumoso e che sia Guinness, Murphy’s o Beamish, poco importa: salute! o meglio SLAINTE!!!!
Il Connemara ci stupisce con un enorme varietà di paesaggi: coste frastagliate ed alte montagne, innumerevoli laghetti sparsi nelle vaste torbiere, foreste ed incredibili spiagge dall’aspetto quasi tropicale, sabbia bianca o rosata ed acqua cristallina dalle mille sfumature di turchese.
Siamo in una zona di lingua gaelica e perfino i cartelli stradali qui sono privi della traduzione in inglese! Aiutandoci con la cartina, qualche gentile indicazione e mooooolto intuito (quello che inizia con la C. per intenderci..) riusciamo comunque a destreggiarci in questi magnifici posti, nonostante le pecore del Connemara (quelle con muso e zampe nere….) padrone indiscusse delle strade.
Pernottiamo a Ballina da una coloratissima signora di nome Adrienne; in Irlanda, la tradizionale frase di benvenuto in lingua gaelica scritta un po’ ovunque”cead mile failte”, letteralmente “100000
volte benvenuto”, non è solo un modo di dire ma la reale espressione di un sentimento comune: nelle città come nel più piccolo villaggio ci è capitato spessissimo di essere salutati come conoscenti, ed in moto, persino gli automobilisti incrociandoci, sorridevano facendoci cenno.
Da Sligo ci dirigiamo a Carrowmore dove visitiamo il cimitero megalitico più grande d’Irlanda: colline di un verde accesissimo disseminate di dolmen, cerchi di pietre e tumuli a perdita d’occhio.
Presi dall’atmosfera estremamente suggestiva di questi luoghi, decidiamo di visitare anche il poco distante ma faticosissimo da raggiungere tumulo di Knoknarea, dove si pensa sia sepolta la leggendaria regina Maeve. Eclisse non si è ancora ripreso dal trauma della scalata….
Tirando dritto verso nord raggiungiamo la mitica Giant’s Causeway, un grande insieme di colonne di roccia d’origine vulcanica perfettamente ed incredibilmente esagonali che dalla costa innalzandosi, si spingono nell’oceano come resti distrutti di un antico sentiero costruito da esseri mitologici ad unire Irlanda e Scozia (formazioni simili si trovano anche sulla costa dell’isola i Staffa in Scozia).
L’alzarsi della marea con le sue onde gigantesche e fragorose rende ancor più suggestiva ed indelebile la visione di questo luogo…
A malincuore ci accingiamo a trovare una sistemazione per la notte, non prima però di una fugace sosta a Bushmills, per la foto di rito alla trudy davanti all’omonima distilleria…
A causa di un evento sportivo che ha causato il “tutto esaurito”, vaghiamo per le campagne irlandesi per ore, di paese in paese, completamente al buio e su strade terribili, sotto la solita pioggia scrosciante; a tarda notte, finalmente, troviamo una camera in una locanda e, nonostante l’ora, una zuppa bollente e una serata di musica tradizionale, non ci vengono rifiutate.
Tutta la giornata seguente viene occupata dal viaggio di riavvicinamento alla parte sud (da dove siamo partiti) e dalla visita alla superba necropoli neolitica di Brù na Boinne con i siti di Newgrange, Knowth e Dowth, affascinanti ed interessantissimi con le loro pietre incise e scolpite da motivi a spirale.
A Dublino pernottiamo in casa di un tatuatissimo ex marinaio, John, e dall’abbaino della mansarda dove alloggiamo assistiamo al più bel tramonto di tutto il viaggio…. Il tempo di asciugarsi un po’ e via a passeggio per le vie della città e per l’immancabile serata nel movimentato e chiassosissimo quartiere di Temple Bar (l’ideale per ogni Harleysta che si rispetti…)
Il mattino dopo tappa all’ Harley Davidson Dublin per gli immancabili souvenirs (che volete è più forte di noi.) e partenza per le Wicklow Mountains, a pochi km da Dublino: a due passi da una grande città un vero paradiso naturale selvaggio ed incontaminato.
Seguendo la Military Road, percorriamo brughiere e paesaggi alpini, passi montani ad alta quota, spettacolari valli e laghi glaciali, alte torbiere perse fra le nuvole basse, impressionanti cascate, boschi e radure incantate.
Il peggioramento del clima (siamo a pochi gradi sopra lo zero sotto una pioggia se possibile peggiore di tutta quella “presa” fino ad allora) ci costringe ad una sosta forzata a solo la metà del nostro giro; fradici ed esausti (ormai la stanchezza dell’intero viaggio pesa su di noi, l’indomani il traghetto da Rosslare ci avrebbe riportato in Francia) ci infiliamo in un provvidenziale pub al crocevia per Laragh per una corposa pausa pranzo.
Lo stufato alla Guinness più buono del mondo ci risolleva il corpo ma non lo spirito, quindi sconfitti dal tempo ci accingiamo a risalire in moto ancora sotto l’acqua per dirigerci in città, quando un omone in tenuta da moto antipioggia ci si avvicina a mano tesa con un gran sorriso e si presenta; si chiama Dave, è un Harleysta di Dublino ( il suo bel Fatboy è parcheggiato sul retro del pub) che come può salta in moto e viene a perdersi fra queste montagne che ormai conosce come le sue tasche. Ci dice di aspettare che di lì a poco sarebbe uscito il sole; con precisione cronometrica la “profezia” si avvera e Dave cartina alla mano ci fornisce preziosissime indicazioni sull’itinerario a seguire, naturalmente dopo averci convinti a proseguire il n ostro giro.
Rinfrancati dall’incontro riprendiamo la strada interrotta: il sole rende i colori saturi ed accecanti, i laghi scintillano, scuri torrenti color della birra (con tanto di schiuma bianca!) attraversano le torbiere, le montagne si stagliano contro un cielo dai colori indescrivibili e la stanchezza scivola via per lasciare il posto allo stupore per tanta incontenibile bellezza.
Ad un certo punto suonano alle nostre spalle; è Dave che ci si affianca e per più di due ore ci accompagna in quello, che grazie a lui come cicerone, diventerà un’esplorazione memorabile….
Il Liffey, il fiume che bagna Dublino (e con le acque del quale si fa la Guinness) qui è solo un rivolo d’acqua che scorre in mezzo all’erba, gli scenari fantastici dove è stato girato “BraveHeart” (si, qui, non in Scozia), la tenuta incantata della famiglia Guinness bagnata da un lago nero e spumoso a forma, naturale, di pinta (giuro!!!) il Lough Tay, gli Upper e Lower Lake contornati da suggestive rovine e cimiteri dalle caratteristiche croci, le antiche torbiere (affinché si formi un solo pollice di torba sono necessari migliaia di anni…) praticamente tagliate a fette al fine di ricavarne una sorta di mattoni da usare come combustibile, i cervi che affollano le radure e le pecore un po’ ovunque ingombrano le strade senza dar mostra di volersi spostare.
Semplicemente indescrivibile….
Il nostro grandioso anfitrione si congeda da noi solo dopo averci portato fin sull’autostrada in direzione Wexford, dove ci dirigiamo per passare la notte.
All’indomani dopo una visita della tranquilla cittadina, ci avviciniamo lentamente e senza molta voglia al porto di Rosslare; la stessa nave dalla quale eravamo scesi nove giorni prima carichi di eccitazione sta per portarci via da questa terra meravigliosa e dalla sua gente fantastica, infinitamente arricchiti da questa nostra nuova esperienza e già pieni di nostalgia ancora prima di ripartire….. Un ultim o sguardo dal ponte della nave e una pinta levata a questo indescrivibile cielo.
Una lacrima riga i nostri volti: non sarà un addio, quindi……. A PRESTO!”
Maria Laura ed Alessio (Lalla ed Eclisse) in sella alla loro mitica Harley “Trudy” in 14 giorni hanno percorso 6.048 km partendo da Roma, sostando a Parigi e girando l’intera isola Irlandese.
Al loro ritorno, insieme a circa 800 meravigliose foto (che prima o poi riuscirò a caricare) hanno riportato nel loro cuore ciò che molte volte avevano sentito da me descrivere….. l’ AMORE per una terra e per un popolo i cui colori e il cui calore entra nel sangue, “contaminandolo” e facendo ammalare chi ne rimane colpito di quella malattia chiamata………….

ISOLA DI SMERALDO.
Un grazie particolare ai miei due amici ed ai loro “appunti di viaggio”…..
Un saluto e un abbraccio a tutti coloro che come noi amano questa terra meravigliosa.